Trovate microplastiche nella neve dell’Artico

La scoperta dell’inquinamento da microplastiche nella neve dell’Artico e delle Alpi porta a chiedersi quali sono i potenziali impatti sulla nostra salute.
Gli studi ipotizzano che le microplastiche siano state trasportate dal vento in questa regione e, una volta unitesi alla neve, siano state trasportate al suolo dalle precipitazioni.
I campioni raccolti delle banchise sull’oceano tra la Groenlandia e le Svalbard contenevano una media di 1.760 particelle di microplastica per litro, ancora più particelle – 24.600 al litro in media – sono state trovate in località europee.
Il lavoro mostra che il trasporto dei venti è un fattore chiave dell’inquinamento da microplastiche in tutto il mondo, viene allora spontaneo chiedersi se siamo in grado di inalare queste particelle e quali danni procurano al nostro organismo.
Molti milioni di tonnellate di plastica vengono gettate nell’ambiente ogni anno le quali si decompongono in piccole particelle e fibre che non si biodegradano. Queste particelle, note come microplastiche, ora sono state trovate ovunque, dalle alte montagne agli oceani profondi e possono trasportare sostanze chimiche tossiche e microbi dannosi. (Se ne vuoi sapere di più sulle microplastiche ti invitiamo a leggere questo articolo).
L’ultimo studio è stato condotto dalla dott.ssa Melanie Bergmann dell’Istituto Alfred Wegener per la ricerca polare e marina in Germania.
La Dottoressa ha detto: “Abbiamo assolutamente bisogno di ricerche sulla salute umana. Ci sono molti studi pubblicati sulle microplastiche ma nessuno su come queste particelle possano mettere a rischio la salute umana, e questo è davvero strano”.
Bergmann ha inoltre aggiunto che le microplastiche dovrebbero essere incluse negli schemi di monitoraggio degli inquinanti atmosferici.
“Le concentrazioni di microplastiche nella neve erano molto elevate, indicando una significativa contaminazione dell’atmosfera”, ha concluso lo studio pubblicato sulla rivista Science Advances.
“Il vento trasporta le miroplastiche praticamente ovunque”, ha detto Bergmann.
Polline e polvere del Sahara sono già noti per essere trasportati su lunghe distanze dal vento. Oltre alle banchise artiche, i 22 campioni raccolti dal team includevano neve proveniente dalle Svalbard, un’isola ben a nord del circolo polare artico, le Alpi tedesche e svizzere e la città di Brema.
Il team ha scoperto che le particelle più piccole erano le più abbondanti, ma la loro attrezzatura non era in grado di rilevare particelle più piccole di 11 micron.
“Sono convinta che ci siano molte più particelle di dimensioni più piccole che i nostri sistemi di rilevazione non riescono a vedere”, ha affermato Bergmann.
“La preoccupazione per le particelle più piccole è che possono essere assorbite da una gamma più ampia di organismi e, se raggiungono la nanoscala, potrebbero penetrare nelle membrane cellulari e traslocarsi negli organi molto più facilmente rispetto alla frazione più grande”.
Le microplastiche più comuni tra quelle trovate dai ricercatori provenivano da rivestimenti protettivi a base di polimeri di veicoli, edifici e navi, seguite da gomma, polietilene e poliammidi, incluso il nylon.
“La ricerca è molto importante perché rafforza l’argomentazione per normative molto più rigorose sull’industria delle materie plastiche e costringe i governi del mondo ad affrontare il problema dell’inquinamento da plastica”, ha affermato Steve Allen, presso l’istituto di ricerca EcoLab in Francia. “Con la grande quantità di microplastiche che si riversano nel nostro ambiente, è molto probabile che scopriremo i livelli di sicurezza solo dopo averli superati”.